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CLAUDIO AREZZO DI TRIFILETTI

claudio arezzo di trifiletti

NEW YORK 2007 "mattal studio"

claudio arezzo di trifiletti

Claudio Arezzo di Trifiletti

claudio arezzo di trifiletti

claudio arezzo di trifiletti

claudio arezzo di trifiletti

(2010/12) Non credo di essere il pittore della domenica, non canto e non ballo, mi nutro di domande, da sempre sono stato attratto da tutti gli elementi, isolato in un mondo infinito, ho sempre  fatto ciò che ho sentito. Ho eseguito un calcolo senza numeri apparenti, ho giocato per campi inesistenti, mi sono sempre scontrato col giudizio di chi ha usato solo gli occhi per vedere, mi sono addormentato per capire, mi sono svegliato per soffrire. Ho sofferto per gioire, ho scavato, mai ho sotterrato, tutto in me ho portato, gioie dolori e ricordi sono ciò che ho edificato. Dai vizi ho appreso le virtù, mi sono travestito da lupo per convivere con i lupi, ma poi il vestito si è invecchiato e il freddo mi ha gelato, alla ricerca di calore la missione mi ha portato, e dentro una nuova visione mi sono ritrovato. Da istinto sono nato, per discoteche sono andato, clubs e ritrovi ho frequentato, e poi un giorno in India sono volato, e al mio rientro ho ascoltato ciò che avevo meditato. Avevo voglia di raccontare ciò che sarebbe stato, ma non sapevo come dare voce al silenzio che sempre ha consigliato. Percorsi Metropolitani, Coscienza, Percorso Inverso, Interiore, Sorrisi Dipinti, ImprintsPace a tutti, performance installazioni e video, PolvereEvoluzione del credo, Lasciare il paesaggio libero, attraverso singole parole ho veicolato un messaggio.Nel mio ascoltare non desidero inquinare, e per questo mi muovo con prudenza onde evitare inganni e menzogne, desidero democrazia e non mediocrazia, non posso permettermi beneficienza ma nel mio piccolo mi adopero nella magnificenza, ho creato grazie all’aiuto di chi in seguito è stato condannato, il mio percorso è ricco di protocolli, domande e richieste, per poter fare, poter coltivare un giardino appartenente a tutti, ma poiché io non appartengo a nessuno, quel qualcuno ha deciso di sottrarmi il mio avvenire, come dire al vento di non soffiare io ho continuato a creare, e così  non ho rinunciato a coltivare. Coltivare sempre un sogno, un battito lento, un nuovo rinascimento, un ritorno alla natura e al suo tempo, alla luce che suona, al calore che vibra. Forse parole astratte, ma non cerco confusione, odio solo la rassegnazione, credo alla protesta fatta con la testa, ma questa desidero sia una grande festa.

 claudio arezzo di trifiletti

catania art

catania art

claudio arezzo di trifiletti

arte involontaria

Chi l’ha detto che solo il vino invecchia.

pace e amore per l'universo

Trasforma tutto ciò che gli capita tra le mani: da una tv fuori uso a un disco dell’aratro, da un antico anello di famiglia fino all’ultimo ritrovato nel cassonetto. Claudio Arezzo di Trifiletti, diretto discendente dell’antica famiglia blasonata siciliana, è un artista poliedrico. Intriso di fede cristiana e una forte spiritualità, vive in una casa che sembra un museo: una grande collezione privata di dipinti, installazioni e tanti ricordi. «La casa per me è nido, protezione, contenitore, calore» racconta accogliendoci. Già sul pianerottolo c’è un grande murales: «Rappresenta l’unione tra l’Oriente e l’Occidente – spiega l’artista – con delle candeline sul Giappone, in memoria del disastro di Fukushima». Sotto ci sono delle pietre, quelle dell’Etna, e anche pezzi di legno e sculture perché Claudio Arezzo Di Trifiletti vive in un mondo fatto di connessioni dove nulla è casuale: per la sua arte si fa ispirare dagli oggetti, o meglio, dalle vibrazioni che questi trasmettono, dalla storia che si portano dietro. «Credo molto alle vibrazioni delle terra attraverso le quali siamo connessi con tutto il mondo». Claudio si definisce, più che artista, “strumento”, intermediario di un progetto più alto: «Quando dipingo sono in uno stato di semi-trance, tutto mi è suggerito da sensazioni, emozioni e segnali». Qualunque sia la sua fonte d’ispirazione, nel grande appartamento in cui vive, un quinto piano al centro di Catania, si respira un’energia positiva. Qui tutto è colorato, dipinto, rigenerato. Un’antica maidda è diventata un pezzo d’asfalto, il frontale di una vecchia Fiat 500 è appeso in corridoio e le tv non si accendono, ma contengono gabbie e specchi. Le spade dei nonni, infilzate nel sale e nell’argilla, campeggiano nel salotto, ma sono isolate dal resto «perché sono comunque degli strumenti d’offesa». Questa casa è invasa dal sentimento positivo, come testimonia anche una cassapanca che custodisce centinaia di lettere d’amore perché «come disse Gesù, non esiste spada più tagliente dell’amore». In ogni spazio ci sono opere, persino sul tetto, e anche le porte sono decorate: con parole, con sabbia, con semi di girasole, riso e grano. Qui tutto è intrecciato, incastrato alla perfezione. E tutto ha un senso, un significato alto, un percorso preciso. C’è una statuetta che un ignoto immigrato ha portato con sé durante una delle traversate della speranza, un antico ombrello intriso di vernice simboleggia l’inquinamento dell’aria, e anche i barattoli che contenevano i colori sono diventati installazione. Poi, alzando lo sguardo, un papillon è appeso a quello che doveva essere il un bracciolo di una sedia: «Era di uno dei sopravvissuti della Costa Concordia – spiega l’artista -. Concordia è una parola importante in italiano, quando è affondata la nave ho pensato che fosse necessario riportare in alto la concordia, quella tra le persone». Claudio Arezzo Di Trifiletti è un uomo dalla sensibilità particolare, forse antica, comunque rara. Lui, che per anni ha fatto l’organizzatore in discoteca e a 23 anni era uno dei titolari del Clone Zone, dopo un viaggio in India ha capito che doveva seguire la strada dell’arte. «Volevo dare un taglio a quella vita dissoluta in cui mi nutrivo di vizio – racconta -. In India mi sono confrontato con degli illuminati, mi hanno consigliato di tornare a Catania per dipingere. Perché ognuno ha il suo ruolo nel mondo, e nasce nel posto giusto». Da lì le prime mostre. Prima a Parigi e poi all’Empire State Building di New York dove ha portato il frutto di un lavoro che per 68 giorni ha visto partecipe l’intera Manhattan. Era nato Imprints, il suo grande progetto artistico che mette in connessione il mondo attraverso le impronte lasciate dai passanti. In questi anni ha raccolto impronte in 15 Paesi, tornato a casa le ha dipinte trasformandole in grandiose opere d’arte. «Sogno di poterle esporre in un unico grande spazio – continua -. Magari in un capannone abbandonato di un quartiere disagiato. Ogni anno faccio richiesta alle istituzioni, ma neppure mi rispondono. Sono convinto che prima o poi arriverà questo momento, in caso contrario morirò con la consapevolezza di averci creduto fino in fondo. Intanto penso al da farsi, e se arriverà il “segnale” andrò a raccogliere le impronte di Cina, Russia e Giappone». Ma Imprints è solo uno dei tanti progetti che Claudio Arezzo Di Trifiletti ha portato avanti in questi anni. Mosso sempre dalla volontà di seminare amore e unione, per tre anni ha inviato un pezzo di una stessa tela, insieme ad un messaggio di pace, agli ambasciatori d’Italia all’estero e agli ambasciatori esteri in Italia. Nel caleidoscopio di opere colorate che è casa sua, trovano posto anche le piante, che per l’artista hanno un significato profondo: «Hanno radici nella terra e si elevano verso il cielo». Già sopra il suo letto trova posto un Potus, e poi ci sono i Ficus Benjamin per casa, me è nel balcone rigoglioso che si trova il pezzo forte: un albero d’ulivo «Frutto di un aperitivo in Giordania – conclude – . Mi sono sempre emozionato davanti alle piante. Penso che siano il futuro, e noi siamo alle porte di una nuova rivoluzione: ci allontaneremo dalla tecnologia per tornare alla terra, all’origine dei padri. Involverci per evolverci».

 Di Lavinia D’Agostino
 TRIP

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